Tre anni e tre mesi fa, lo ricordo ancora adesso, aspettavo al bancone che prendesse il mio croissant, il croissant che a lei piace tanto darmi ogni mattina, e guardavo, per pudore, il cesto dei grissini, per pudore e perché non volevo imbarazzarla, lei, così verginea. Sento il rumore della porta del negozio che si apre con violenza, poi come un'onda di aria fredda che mi investe, poi l'uomo che è entrato urla - Concetta che hai fatto ti avevo detto di non pagare il fornitore del latte - La ragazza, già minuta, si fa ancora più piccola - Ma ha tanto insistito, mi faceva pena, è due mesi che non lo paghiamo e ha minacciato di non portarci più il latte. - - E che non ce lo porti il latte so io quello che faccio e se ti dico che non devi pagarlo non devi pagarlo chiaro? - L'uomo a questo punto si accorge di me, fa un respiro profondo, dice - Buongiorno - poi - Ne riparleremo ancora di questa faccenda - ed esce dal negozio.
La ragazza era tramortita, vacillava dietro il bancone, aveva le guance rosse e non si muoveva. Era ancora più bella, e si vedeva che aveva bisogno di una buona parola, di qualcuno che la consolasse, e io ero lì nel negozio con lei! Ho colto la palla al balzo, mi sono gonfiato il petto, ho avvicinato leggermente la spalla sinistra al bancone, un po' come Bogart in Casablanca, e le ho detto - Il mio croissant, per favore. - L'ho capito subito che era ciò che ci voleva. Si è messa a piangere, ne aveva bisogno povera ragazza, probabilmente temeva anche di perdere il posto di lavoro, ma è stata fortunata che ci fossi io vicino a lei in quel brutto momento. Si è poi avvicinata alla cassa, mi ha dato il sacchetto e io ho pagato con una moneta da due euro: era la cosa giusta da fare, una bella moneta, solida, pesante. Le ho fatto capire che su di me poteva contare, che sarei stato sempre presente per lei.